Scrittori famosi e gatti da Hemingway a Bukowski

Tanti gli scrittori noti che hanno avuto accanto a sé un gatto, Ernest Hemingway, scrittore americano vincitore del Premio nel 1954 ne è un esempio.

Sembra che per gli scrittori dopo lo scrivere, avere accanto un gatto, crea empatia. Heminguay aveva l’aspetto da duro, ma era tenerissimo con il suo gatto, infatti amava moltissimo i gatti. L’idea di questo post mi è venuta leggendo quello di un amico blogger dal titolo I gatti e gli scrittori.

Trenta i gatti che vivevano con Ernest Hemingway, ed occupavano un intero piano della sua casa di Key West.

Una frase nota di Heminguay sui felini è: Un gatto è di assoluta onestà emotiva: gli esseri umani, per una ragione o un’altra, possono nascondere i propri sentimenti, ma un gatto non lo fa.

Nel suo romanzo, Isole delle correnti, un’immagine dei gatti accompagna il protagonista che riposa con il suo gatto. “Aveva il gatto allungato sul petto e tirò una leggera coperta e aprì e lesse le lettere”.

gatti e scrittori
Doris Lessing aveva un gatto che si chiamava, El Magnifico. Butchkin era il suo nome ma il nomignolo era El Magnifico. A lui la scrittrice ha dedicato un libro “La vecchiaia di El Magnifico”.

È stata autrice tra gli altri romanzi di, Gatti molto speciali, proprio perché i felini nella vita della scrittrice hanno avuto un ruolo molto speciale. Sin da bambina quando in Africa ne era circondata. Si trasferisce poi a Londra dove ospita gatti domestici, uno era grigio ed uno nero. Dei suoi gatti Doris Lessing descrive le psicologie.

Anche Charles Bukowski aveva un gatto, si chiamava Factotum. Lo scrittore loda dei gatti il loro dolce far niente, e ha dedicato loro una poesia, My Cats.

Tyke” è il nome del gatto di Jack Kerouac che viene descritto nel romanzo, Big Sur. Il poeta maledetto della beat generation amava i gatti pur avendo anche lui l’aspetto di ribelle.

“I gatti sono esseri che vivono e respirano, ed è una cosa triste quando si stabilisce un contatto con qualsiasi altro essere: perché vedi le limitazioni, il dolore e la paura, la morte finale.

Il contatto significa questo. E di questo mi accorgo quando tocco un gatto e mi ritrovo con le lacrime che mi scorrono sul viso” sono parole di William Burroughs, il genio sregolato di “Una scimmia sulla schiena”.